Il mio sogno, fin da bambina, è stato quello di pubblicare un romanzo.
Pur avendo sempre scritto una gran quantità di storie, solo da un paio d’anni mi sto impegnando seriamente per giungere al traguardo della pubblicazione e, di conseguenza, mi sono trovata a informarmi sul mondo dell’editoria.
Il mio sogno non è cambiato: voglio pubblicare con un editore tradizionale.
Prima di proseguire, visto che non ne ho mai parlato in questo blog, vorrei riassumere i concetti di editoria tradizionale, autopubblicazione ed editoria a pagamento. Non vuole essere una spiegazione specifica e dettagliata, ma un semplice riassunto veloce per chi non fosse pratico dell’argomento.
Editoria tradizionale
L’autore con un manoscritto nel cassetto si rivolge a un editore. L’editore valuta l’elaborato e, se interessato, contatta l’autore per proporgli un contratto in cui tutte le spese di pubblicazione sono a carico dell’editore.
Se l’autore è interessato, gli viene affiancato un redattore (o editor) che lo seguirà nella revisione del testo. Non avendo esperienze dirette con un editor, vi rimando alla risorsa “Professione editor” disponibile online.
Autopubblicazione o self-publishing
Un autore pubblica il suo elaborato in autonomia, senza passare tramite un editore. Questo significa che è l’autore stesso a occuparsi di revisione, impaginazione, grafica e diffusione.
Un libro può essere autopubblicato su apposite piattaforme online (ce n’è una grande varietà e, come nel caso delle case editrici, si tratta di scegliere quella che si predilige). Alcuni siti mettono anche a disposizione un servizio di print-on-demand, ossia consentono di stampare copie cartacee del libro su richiesta degli acquirenti.
Editoria a pagamento (EAP)
Come nel caso dell’editoria tradizionale, l’autore si rivolge a un editore e gli sottopone un manoscritto, con la differenza che le case editrici a pagamento richiedono un pagamento o l’acquisto di un numero minimo di copie da parte dell’autore.
Cosa ne pensa il web?
Non ho esperienze dirette nel campo dell’editoria, non avendo mai pubblicato, pertanto non mi esprimerò in merito alla validità di questi tre metodi di pubblicazione, visto che si tratterebbe solo di un informazione di seconda mano.
Diciamo però che, documentandomi sull’argomento, mi sono imbattuta in una totale demonizzazione dell’editoria a pagamento e in un eterno dibattito sulla qualità del self-publishing.
Chi ha avuto esperienze di pubblicazione con l’EAP lamenta un’assenza totale di diffusione del romanzo nelle librerie, combinato con un servizio di editing carente, se non del tutto assente, evidenziato anche dai lettori che di frequente trovano refusi o incongruenze di trama.
Sul self-publishing, invece, la questione è più delicata.
Ci sono scrittori che decidono di autopubblicarsi e che curano con attenzione il proprio lavoro per fornire un romanzo godibile e di buona qualità. Un articolo molto interessante sull’argomento è “perché ho scelto il self-publishing“, di Maria Teresa Steri.
Di contro, ci sono centinaia di autori che, per la fretta di vedersi pubblicati, immettono sul mercato opere prive delle più basilari regole grammaticali e ortografiche (leggendo alcune anteprime a campione su Amazon è possibile farsi un’idea).
Non di rado, ho trovato articoli sparsi per il web in cui si sosteneva che questa mole di testi privi di editing abbia indotto i lettori a provare una sorta di diffidenza nei confronti dei romanzi autopubblicati.
Cosa ne penso io?
Io sono come l’amica di Maria Teresa: desidero con tutta me stessa pubblicare con un editore “vero”, che mi porti nelle librerie.
Perché?
Perché è il mio sogno.
I sogni che si coltivano fin da bambini, più che motivazioni razionali, hanno alla base un fattore emotivo. Forse perché desidero mettermi alla prova o perché desidero vedere in libreria il mio “mattoncino” e pensare ce l’ho fatta! o, molto più semplicemente, perché per me sarebbe il riconoscimento delle mie capacità da parte di un professionista del settore.
Un professionista che riconosco come tale, ovviamente. Quando avrò concluso LEDE, non lo spedirò a caso in giro per il mondo. Ho già il mio elenco di case editrici con cui mi piacerebbe pubblicare.
Un giorno qualcuno mi ha chiesto e dopo?
Non lo so, perché dovrei pensare al dopo quando posso godermi la strada per arrivare? Poi magari sbaglierò, mi perderò, mancherò l’obiettivo ma pazienza. Io non smetterò di scrivere.
Scrivere mi porta a leggere, a documentarmi, ad arricchire la mia cultura e, soprattutto, mi aiuta a sentirmi bene.
Scrivere mi aiuta a sognare.
Io amo tutti i miei personaggi e tutte le mie storie, anche quelle scritte male.
“Amare” non significa non vedere i centinaia di difetti di ciò che scrivo, significa semplicemente che, rileggendo i miei testi, belli o brutti che siano, che rispettino o meno le regole della narrativa, io sono in grado di emozionarmi e di guardarli con affetto.
Anche le schifezze immonde?
Sì, anche le schifezze immonde.
Visti i discorsi pragmatici sulla scrittura e l’editoria che ho letto, forse sembrerà che sono un’ingenua e un’illusa.
Voglio credere che non sia così. Preferisco sbatterci il muso e toccare con mano.
E se dovessi sbattere il muso?
Va bene credere alle illusioni, ma un piano B è d’obbligo.
Nel mio caso, sarebbe l’autopubblicazione. Sto scrivendo LEDE con un intento ben preciso e si scrive per essere letti, quindi non avrebbe alcun senso tenerlo a marcire nell’hard-disk del pc.
Avendo letto della gran quantità di pregiudizi che circolano sull’autopubblicazione, di cui però io non sapevo nulla fino a che non ho deciso di inseguire il mio sogno di pubblicazione, mi sono chiesta: ma i lettori, quelli che non scrivono e che di editoria non sanno nulla, cosa ne pensano?
Davvero la casa editrice è così importante per il lettore?
Il sondaggio
Da qui, la malsana idea di fare un sondaggio.
Malsana perché io mi trovo in difficoltà anche solo a ordinare una lattina di tè al bar, per cui potete immaginare quanta fatica mi sia costato intervistare dei perfetti sconosciuti.
Le domande rivolte ai soggetti-campione sono state le seguenti:
1. Fa un lavoro a stretto contatto con l’editoria o con il mondo della scrittura?
1a. Se sì, quale?
2. Ha mai scritto un testo (romanzo, racconto, poesia) con l’obiettivo di pubblicarlo?
2a. Ha portato a termine la sua opera o ha mai tentato seriamente la pubblicazione?
2b. Se sì, è riuscito nel suo intento?
2c. Se sì, in che modo?
2c. Se no, quali strade ha provato e perché?
-Editoria tradizionale
-Editoria a pagamento
–Self-publishing
3. Sa cosa s’intende per self-publishing?
3a. Se sì, cosa ne pensa? Ha mai letto qualcosa?
4. Sa cosa s’intende per editoria a pagamento?
4a. Se sì, cosa ne pensa? Ha mai letto qualcosa?
5. Preferisce leggere in formato cartaceo o ebook?
- La sua età?
- Dove compra i libri? (online, libreria, mercatino, ecc…)
- Usa la biblioteca?
- In base a cosa sceglie un libro? (titolo, autore, copertina, passaparola, …)
I risultati
Ci tengo a precisare che questo sondaggio non vuole avere carattere scientifico e che si tratta di un modo per fugare alcune mie paure relative al self-publishing e ai pregiudizi che lo accompagnano.
Ho intervistato persone nell’area compresa tra Monza, Lissone, Biassono e Vimercate. Altre risposte, invece, provengono da post online che ho diffuso su forum che contenessero, nella loro utenza, un discreto numero di lettori di narrativa. Le risposte ottenute via web provengono da Lombardia, Piemonte, Lazio e Campania.
Vi rimando alla risorsa online per i dati completi del sondaggio.
La conclusione a cui sono giunta è che il pregiudizio relativo al self-publishing sembra essere legato solo a quelle persone che, per varie ragioni, si sono documentate sui metodi di pubblicazione disponibili e che sono rimaste scottate da libri poco curati dall’autore. Non solo, più della metà degli intervistati non conosceva la risposta alle domande 3 e 4, oppure la conosceva ma non aveva alcuna opinione in merito. L’editore non sembra essere un parametro significativo nella scelta di un libro che invece è influenzata da passaparola e trama, per la maggior parte.
Quello che è evidente e che è noto a chi aspira alla pubblicazione è che la pubblicizzazione del romanzo gioca un ruolo decisivo nella scelta da parte del lettore.
Insomma, mi rendo conto che non sono dati significativi se parametrati al suolo nazionale ma è stata comunque un’esperienza che ha confermato, con un livello di zoom molto alto, ciò che già avevo intuito: per i non addetti ai lavori, l’editoria pare essere un grande mistero.
Nell’intervistare le persone incontrate in strada mi sono anche divertita. Una volta chiarito che non stavo cercando di vendere qualcosa, si sono mostrati tutti molto disponibili (solo una coppia si è rifiutata di rispondere alle domande) e in molti mi hanno rivolto delle domande proprio a proposito del self-publishing e dell’EAP di cui non avevano mai sentito parlare.
Sapendo che in molti detestano i libri con le orecchie o le copertine smangiate, mi ha piacevolmente sorpresa il criterio di scelta di un signore intervistato fuori dalla piscina. Questa la sua risposta: “visto che li compro usati, scelgo in base alla copertina. Più è consumata, più il libro dovrebbe essere bello, no?”
Nel caso qualcuno se lo fosse chiesto, non ho proposto il sondaggio sul blog perché le tematiche dei miei articoli sono rivolti a una specifica fascia di lettori che rientra per la maggior parte nella categoria di coloro che sono ben informati sul funzionamento dell’editoria e che magari ne hanno avuto un’esperienza diretta.
Se qualcuno volesse riproporre il sondaggio, si senta libero di farlo, sarebbe interessante confrontare i dati, magari provenienti da altre aree d’Italia.
Che cosa sono esattamente le “long”?
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Sono fanfiction o storie originali che contano più capitoli e vengono pubblicate a puntate su EFP.
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Immaginavo qualcosa del genere, però pensavo che la definizione fosse più “restrittiva” (es: una lunghezza minima) 🙂
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Che io sappia, le definizioni basate sulla lunghezza sono vincolanti solo per i racconti, che possono essere drabble (100 parole), flash-fic (meno di 500 parole) e one-shot (più di 500 parole).
O almeno questa era la terminologia in uso ai tempi del mio abbandono 😉
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Dai un’occhiata qua: https://en.wikipedia.org/wiki/Hugo_Award#Categories sono le categorie del premio Hugo, le prime 4 sono classificate in base alla lunghezza del testo; in Italia – che io sappia – esiste solo il racconto e il romanzo, ma farebbe comodo qualche categoria in più, giusto per capire di che cosa si parla quando si parla di racconti 🙂
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Sono d’accordo, una divisione in categorie per i racconti sarebbe utile. Guardando un po’ in giro tra i vari concorsi, ho notato che spesso viene fissato un limite massimo di battute ma non un limite minimo. Insomma, ipotizzando un massimo a 20 cartelle editoriali, c’è differenza tra scriverne 5, 10 o 20…
Per i romanzi, invece, più di una volta ho trovato sia minimo che massimo.
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Ciao Chiara,
ho letto il risultato del tuo sondaggio e devo confessarti che anch’io mi riconosco in alcuni profili.
I miei concetti di editoria a pagamento e auto pubblicazione erano sufficienti ma non certo esaustivi.
Ti confesso però che non ho mai dato importanza alla cosa e anche ora, che ne ho preso visione, non riesco a dirti se per me faccia una qualche differenza.
Quando decido l’acquisto di un libro, o il prestito in biblioteca per ovvi motivi di budget e di spazio :), mi baso per la scelta sul genere, sull’autore, sulla trama e anche a volte sulla copertina… capita che scelga un libro perché ho letto qualche recensione su una rivista, o perché ho sentito un’intervista all’autore, o magari per il passaparola fra amici… Il come il libro arrivi alla mia attenzione non mi è mai importato più di tanto e tanto meno il nome dell’editore.
Non amo gli e-book perché mi piace leggere un libro tenendolo fisicamente fra le mani, ma non mi negherei la lettura digitale se fosse l’unica copia di un libro che in quel momento cerco e mi interessa.
Tutto questo, naturalmente, perché come ti ho detto fin dal principio della nostra conoscenza, non ho velleità di scrittrice; capisco invece, leggendo il tuo post, quanto possa essere di vitale importanza per un aspirante scrittore sparare mirato il suo lavoro e sperare che arrivi a quante più persone possibili.
Vorrei aggiungere soltanto che il tuo sondaggio è stata una buona idea: dopotutto, visto che saranno proprio loro i lettori che brami, quale mezzo migliore per comprenderli se non chiederlo a loro direttamente!
Buona settimana 🙂
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Ciao Mary,
per la scelta di un libro, mi baso su genere, copertina e trama, in questo ordine.
Pensa che prima di informarmi un po’ sull’editoria, non avevo idea di cosa fossero self-publishing ed EAP, anzi, pensavo che per pubblicare un libro si dovesse pagare l’editore a priori…
Il far arrivare un libro al maggior numero di lettori possibile è sempre un problema di marketing e strategie di vendita. Se i lettori non sanno che esiste, difficilmente lo leggeranno.
Stando alle guide che ho trovato online, gestire un blog è un modo per ottenere visibilità nel web ma, essendo questo un blog di nicchia, rivolto prevalentemente a scrittori, viene tagliata fuori una grossa fetta di potenziali lettori.
Quei potenziali lettori che ho incontrato in strada facendo il sondaggio.
Buona settimana anche a te 🙂
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Il lettore ha ovviamente molti meno problemi. In libreria tranne rare eccezioni non trova editori a pagamento né autoprodotti. Sul web, nei siti tipo Amazon trova principalmente editoria tradizionale e self, che se la giocano più o meno alla pari (ma il mercato dell’e-book non arriva al 10% del totale). Da lettrice non mi farei molti problemi.
Da autrice mi faccio molti problemi in più, di costi, di reperibilità, di ampiezza del mercato
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Verissimo, da lettrice non mi pongo alcun problema, eccetto quello di risparmiare quando possibile (come buona parte degli intervistati 😉 ).
Da autrice, invece, mi pongo tutta una serie di interrogativi, soprattutto riguardanti distribuzione e marketing, a cui fatico a trovare risposta…
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