Quando si tratta di scrivere una storia, penso che uno degli elementi più importanti sia l’evidenza di un obiettivo.
Non tanto di un obiettivo della storia in sé, di cui tratterò nel post della prossima settimana, quanto di un obiettivo a cui i personaggi tendono attraverso le loro azioni.
Prima di iniziare a scrivere, è fondamentale avere chiaro dove si vuole andare a parare e non solo per quanto riguarda il finale.
Facciamo un esempio: prendiamo un gruppo di personaggi che combattono contro un nemico comune.
Perché lo fanno?
Le spiegazioni del tipo “perché è il loro destino”, “perché l’antica profezia dice questo” non mi piacciono.
Se una profezia mi dicesse che devo partire domani e rischiare la mia vita (oltre a quella dei miei compagni) per combattere un mostro che vuole distruggere l’universo, a meno che io non abbia qualche altro genere d’interesse che mi spinge a muovermi, stiate pur certi che rimarrò sul divano a poltrire.
Ma c’è in gioco l’universo!
Va bene, ma non capisco perché debba farlo io. Le profezie sono sempre nebulose, magari sbagliano. Se lo faccio, è perché voglio farlo, non perché me lo dice un destino o una forza superiore.
Mi piacerebbe leggere una storia in cui un personaggio parte mosso da una profezia e, dopo aver concluso tutto quanto, scopre che la profezia non parlava di lui.
Il personaggio deve avere una sua individualità
Una profezia non mi sembra una buona giustificazione per imbarcarmi in una lunga odissea dalla quale potrei non tornare.
Il benessere dell’universo è invece un peso che merita di essere messo sulla bilancia. Non penso che chiunque partirebbe per salvare il mondo. Si tratta di una scelta difficile e complessa che può avere numerose motivazioni.
Ipotizziamo che il nostro protagonista sia un idealista, che voglia a tutti i costi salvare il mondo e che, nonostante le sue paure, non possa voltarsi dall’altra parte e fingere che non stia accadendo nulla.
A questo punto, abbiamo una persona disposta a sacrificarsi per il bene di tutti.
Attorno a lui, ci sono dei compagni disposti a seguirlo.
Questi compagni, come il protagonista, hanno senza dubbio una motivazione che li muove, hanno ben chiaro l’obiettivo che vogliono raggiungere e che non necessariamente coincide con quello del protagonista.
Uno di loro potrebbe essere in cerca di gloria e fama. Un altro potrebbe avere a cuore il protagonista e, seppur controvoglia, sarebbe disposto a seguirlo ovunque andasse, lanciandosi in ogni genere di impresa. Un altro ancora potrebbe essere in cerca di avventura e, portata a termine la sua missione, ammesso che sopravviva, continuerebbe a lanciarsi in altre imprese folli.
Per quanto più persone si muovano apparentemente verso un unico fine, hanno in realtà obiettivi differenti. Il personaggio dell’ultimo esempio non ha altri obiettivi all’infuori di un eterno appagare il suo bisogno di pericolo, avventura e adrenalina.
Esiste un obiettivo comune?
Non tutti i personaggi possono essere idealisti con a cuore la sorte dell’universo. Fate un conto rapido e approssimativo di quante persone, nella realtà, sarebbero disposte a rinunciare a tutto, mettendo sul piatto la loro stessa vita, per il bene degli altri.
Si tratta di un numero davvero esiguo, rispetto alla totalità della popolazione.
Tutti gli altri si muovono per ragioni egoistiche che mirano a soddisfare un desiderio personale che nulla ha a che vedere con la comunità.
Nell’esempio del paragrafo precedente, tutti i personaggi agiscono seguendo le proprie inclinazioni che, accidentalmente, conducono verso l’obiettivo dell’idealista. Tale obiettivo, per loro, è una semplice tappa del percorso.
Per rispondere alla domanda di questo paragrafo, non esiste un vero obiettivo comune. Esistono invece obiettivi differenti che contribuiscono a soddisfare un obiettivo individuale o comunque condiviso da una minoranza.
O almeno questo è quello che accade nelle storie che mi piace leggere o in una storia che narrerei io.
Voi cosa ne pensate?
Da scrittori, i vostri personaggi tendono verso il medesimo obiettivo con motivazioni comuni o con motivazioni individuali?
Da lettori, preferite che i personaggi agiscano individualmente secondo le proprie inclinazioni o che formino un gruppo coeso determinato a perseguire il medesimo fine?
Interessante analisi, direi anche parecchio azzeccata!
Io da lettore apprezzo storie appartenenti sia all’una che all’altra categoria, in base allo stato d’animo del momento. Generalmente quando non mi va di buttarmi in cose impegnative preferisco le storie più dirette che parlano di un gruppo coeso e dove c’è una netta definizione fra “buoni” e “cattivi”. Per fare un esempio stupido, mi vengono in mente i film d’azione con Steven Segal dove generalmente l’obbiettivo principale era vendicare la morte di sua moglie (più o meno in tutti i suoi film negli anni 80 gli seccavano la moglie).
Altre volte mi va di cimentarmi in qualcosa di più impegnativo e allora opto per racconti o serie tv con una caratterizzazione dei personaggi più complessa, dove ogni personaggio ha il proprio obbiettivo e si formano/disfano alleanze continuamente, dove non si capisce mai fino in fondo chi sia il “buono” e chi il “cattivo”. In questo caso il lavoro per chi scrive è molto più impegnativo, creare molti personaggi altamente caratterizzati che interagiscono in maniera credibile è assai difficile, infatti a volte mi trovo ad abbandonare la lettura di storie o la visione di serie tv troppo macchinose per il mio piccolo cervello (come nel caso di Game of Thrones nel quale mi perdo puntualmente nella miriade di nomi e personaggi che sfilano in continuazione).
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I film d’azione in cui, puntualmente, il protagonista di turno deve vendicare l’uccisione della moglie o della figlia o dell’intera famiglia (a volte cane compreso) sono un must della cinematografia americana, adatti a una serata “rilassante” dopo una pizza 😉
Non riesco a pensare a una storia più complessa di quella di Game of Thrones. Tra l’altissimo numero di personaggi e la difficoltà nel capire chi è buono, chi è cattivo e a che scopo agisce, non riesco a trovare nessun libro che eguagli la saga di Martin. Fortuna che esiste l’elenco dei nomi, senza dimenticare che Martin provvede a fare una sistematica pulizia dei personaggi nel corso della storia, soprattutto se si chiamano Stark 🙂
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Io prediligo i personaggi complessi, con personalità forti e complicate. Mi piace se non si svelano subito e se hanno un loro contesto individuale che poi si fa squadra con l’incontro di altri soggetti impegnati nello stesso lavoro.
Un esempio: i “Bastardi di Pizzofalcone” del De Giovanni… tutti strani, improbabili, pieni di manie e psicosi… ma uniti sono una forza che si muove per la legge contro le ingiustizie e il malaffare.
Ben tratteggiati e particolari, li conosci e non li lasci più andare.
Buona settimana Chiara!
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Ciao Mary, anche a me piacciono molto i personaggi complessi, soprattutto se non si svelano fino alla fine.
Uno dei miei preferiti è Severus Piton (Severus Snape, nell’edizione originale) della saga di Harry Potter. Inizialmente appare come un personaggio cinico e tenebroso ma, sul finire della storia, si svelano i segreti celati nel suo passato e il suo ruolo cambia, trasformandosi, di fatto, in quello di un antieroe.
Buona settimana anche a te! 🙂
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Io sono per gli antieroi, travolti dagli eventi loro malgrado 🙂
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Anche io parteggio sempre per gli antieroi. La storia è decisamente più interessante 😉
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La motivazione deve essere forte! Da lettrice e “scrittrice” fantasy, condivido l’idea che il cliché della “profezia” sia un tantino abusato, ma perché in genere lo si utilizza per far presto, per togliere di mezzo domande scomode e altrettanto scomodi sviluppi. Io cerco sempre di pormi la domanda “Al suo posto, cosa farei?”. Sinceramente, se una chissà quale profezia pronunciata da chissà chi, mi obbligasse a partire per un viaggio potenzialmente suicida (io mica lo so che sono il protagonista, mica lo so che forse il mio autore eviterà di ammazzarmi appena le cose si fanno difficili) il mio primo pensiero sarebbe: “Perché io?” ed il secondo, “Col cavolo!”
Sono stufa di personaggi finti, stereotipati, che si buttano a capofitto senza pensare alle conseguenze e senza provare un po’ di sacrosanta fifa! Avere paura è umano! Esattamente com’è umano superare le nostre paure per le motivazioni che ci spingono ad agire.
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Ciao e benvenuta nel blog!
Che bello vedere un’altra predestinata che dice “col cavolo!” 🙂
Sono d’accordo, la profezia è una scorciatoia, un deus ex machina per giustificare il fatto che un protagonista sano di mente (o almeno si suppone che lo sia) si lancia in un’impresa suicida perché il saggio della situazione dice che è così che deve andare.
Anche in un fantasy, un po’ di scetticismo e un po’ di paura da parte del protagonista non dovrebbero mancare mai. Troppo comodo partire sapendo di tornare vincitori 😉
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