La dieta dei personaggi

5296866151_c5baaf3978_oA me piace molto viaggiare e visitare luoghi diversi dalla mia terra natale.
Pur essendo un’italiana di quelle che “non posso fare a meno di una pizza o di un piatto di pasta per più di una settimana”, non disdegno la cucina estera, anzi, adoro sperimentare nuovi sapori e accostamenti.
Il mondo è vario, sotto ogni punto di vista, e la cucina non fa esclusione, quindi non c’è ragione per non dedicarle un po’ di attenzione all’interno di un romanzo.

Incontro di gusti differenti
Nel caso del mainstream, metto spesso a contatto personaggi con usanze alimentari differenti. Nel racconto “croissant in vetrina”, che è un buon esempio dei temi ricorrenti nelle mie storie, Lucia ama i dolci, i locali affollati e le patatine scadute mangiate sul divano. Alberto, invece, preferisce cibi più salutari, nonostante riconosca di non disprezzare i croissant come credeva.
Far incontrare gusti differenti permette così di creare un’evoluzione nei personaggi.
Immaginate un uomo dalla mentalità chiusa che, sbuffando e puntando i piedi, assaggia per la prima volta qualcosa che è convinto di disprezzare. Non è forse un’apertura al nuovo?

L’importanza dell’area geografica
I popoli non sono tutti uguali e non lo sono nemmeno le loro terre d’origine.
La provenienza geografica è senz’altro fondamentale nel determinare il tipo di materie prime impiegate nella preparazione degli alimenti.
Un personaggio che vive in aree dal clima temperato dispone di prodotti che sono preclusi a un altro personaggio che magari vive in terre ghiacciate dove la temperatura media si aggira attorno allo zero. Lo stesso discorso vale anche tra personaggi che abitano nella stessa terra: basti pensare all’immensa varietà di prodotti regionali che esistono in Italia. Se poi si estende questa varietà al mondo intero, diventa difficile immaginare quanti alimenti differenti esistano. Non basta una vita intera per gustarli tutti.
Di conseguenza, se la nostra storia prevede un viaggio, perché non far incontrare un personaggio con qualcuno con gusti differenti dai suoi? Potrebbe apprezzarli, potrebbe disprezzarli o potrebbe ricercare ossessivamente qualcosa che gli ricordi i sapori di casa, fregandosene della cucina locale.

La condivisione del pasto
Questo punto ha poco a che vedere con un popolo nel suo complesso ed è più incentrato sul singolo, anche se talvolta la cultura del paese di provenienza gioca un ruolo di discreta importanza.
Prendiamo un personaggio e mettiamolo seduto da solo al tavolino di un bar. Potrebbe guardarsi intorno e sospirare vedendo di essere l’unico a pranzare da solo, oppure potrebbe sorseggiare lentamente un cappuccino e pensare di essere fortunato a non avere nessuno attorno che lo infastidisca con chiacchiere inutili.
Ci sono personaggi che amano condividere il pasto, mentre altri preferiscono restarsene soli a mangiare un bel panino davanti alla televisione.
In questo modo, le abitudini alimentari del personaggio diventano un elemento significativo della sua personalità e del suo modo di rapportarsi con gli altri.

Il rapporto con il cibo
Il personaggio ha un modo proprio di rapportarsi con il cibo, che talvolta dipende dall’educazione impartita dalla famiglia o da un disturbo alimentare.
Può essere un bravo cuoco, che cucina di frequente per le persone care, oppure potrebbe non essere in grado di preparare nemmeno un uovo, perché qualcuno lo ha sempre preparato per lui.
Immagino che a chiunque farebbe piacere invitare a cena un personaggio che ama le abbuffate e fa onore alla tavola in qualunque circostanza. Se invece vi capitasse un ometto mingherlino e schizzinoso che critica ogni vostra portata e vi lascia tutto nel piatto?
Se poi siete interessati a trattare il tema dei disturbi alimentari nella vostra storia, non potete tralasciare questo punto.
Il cibo potrebbe essere un’ossessione, un nemico, una consolazione o una valvola di sfogo, l’importante è che sia chiaro il rapporto che il personaggio ha con esso.

L’uso delle buone maniere
Non conosco il galateo, quindi non ho idea di come ci si debba comportare a tavola. Insomma, una volta che non sputo in faccia ai commensali e non lancio il cibo, credo si possa soprassedere al fatto che appoggio i gomiti sul tavolo o che ho la schiena un po’ ingobbita o che, alla fine del pasto, faccio uso dello stuzzicadenti («orrore!» Grideranno alcuni di voi).
Il vostro personaggio cosa fa?
Il personaggio potrebbe prestare attenzione a come muove le mani sulla tavola, a dove posiziona il tovagliolo e all’ordine in cui utilizza le posate o potrebbe arraffare il cibo con le mani ed esprimere il suo apprezzamento con un bel rutto.
Quando consuma alcolici, potrebbe essere solito bere uno o due bicchieri a pasto o potrebbe esagerare e stramazzare al suolo ogni volta o magari è così abituato a bere che non manifesta alterazioni comportamentali nemmeno dopo sei boccali di birra.
Se penso ai miei personaggi, ho un discreto numero di avvinazzati all’attivo, il che è un po’ strano, visto che non sono astemia ma ci vado molto vicina.

L’attenzione al periodo storico
Se scrivete romanzi storici, dovete prestare attenzione all’epoca di cui state parlando e al ceto sociale del personaggio.
L’alimento che avete menzionato era già conosciuto nel periodo storico di cui state parlando?
Il vostro personaggio sarebbe stato in grado di permetterselo?
Ho notato che Ken Follett presta una certa attenzione all’alimentazione dei suoi personaggi, così che il lettore possa farsi un’idea precisa di quale fosse lo stile di vita di una determinata classe sociale in riferimento all’epoca e al luogo in cui si svolge la storia.


E ora, a voi la parola.
Da lettori, vi piace che i personaggi vengano caratterizzati anche attraverso le loro abitudini alimentari o non ve ne importa nulla?
Da scrittori, siete soliti inserire questi dettagli o li considerate superflui?

 

4 Comments

  1. In generale mi capita più spesso di raccontare come mangiano i personaggi e cosa si dicono nel frattempo, piuttosto che sul cibo. Mi interesso anche dei cibi, invece, quando scrivo fantasy. Lì certi dettagli sono davvero necessari.

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    1. Nel mainstream, mi concentro sul cibo quando voglio comunicare una differenza di un qualche tipo o esprimere i ricordi di un personaggio attraverso qualcosa che solo una persona cara sa preparargli.
      Nel fantasy trovo che sia un argomento imprescindibile e anche nel romanzo storico lo trovo essenziale. Senza qualche riga sull’alimentazione è come se il contesto storico fosse incompleto.

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  2. Ciao Chiara,
    uhm… la materia del cibo è interessante: il momento conviviale è imprescindibile nella vita reale e pertanto perché dovremmo privarcene quando ci dedichiamo alla lettura? A me piace leggere e condividere momenti culinari con i protagonisti, mi piace saperli all’opera per preparare pietanze per i loro ospiti o semplicemente per se stessi nelle pause dall’intreccio degli avvenimenti.
    Ho notato che spesso l’attenzione per il cibo fa parte della cultura latina e del sud in genere, le descrizioni di aromi, ingredienti, intingoli e consistenze della tradizione hanno per certi scrittori un “sapore” particolare, intenso e coinvolgente.
    “La focaccia di Rita è buona, ma diciamocelo non ha niente a che fare con quella che puoi trovare a Bari, nei posti giusti.Il posto più giusto di tutti, tanti anni fa, era il panificio vicino a scuola. Si trovava a un isolato soltanto dal liceo Orazio Flacco e alla fine delle lezioni, appena fuori, la prima cosa che sentivi era il profumo.
    La signora con il grembiule infarinato schiacciava con il pollice sinistro la ruota di focaccia bollente sul piano di marmo e ne tagliava un quarto, poi lo avvolgeva in un pezzo di carta marrone e te lo passava sopra il banco gremito di taralli dolci e salati.
    Il pomodoro bollente, la crosta bruciacchiata, le consistenze morbide e croccanti, il vapore di locomotiva sprigionato dalla superficie incandescente.” (La casa nel bosco – G. e F. Carofiglio)
    Solo a leggerne mi fa venire voglia di focaccia fragrante!!
    Un viaggio nella memoria, con il pretesto della vendita della casa di famiglia, vede i due fratelli impegnati in un inventario di oggetti, odori, storie e soprattutto sapori… talmente vividi che ti fanno venire voglia di assaggiarli… e proprio per questo in appendice hanno aggiunto anche un piccolo ricettario… per chi volesse cimentarsi!

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    1. Ciao Mary,
      l’idea di inserire un ricettario alla fine di un romanzo mi piace molto, è un modo carino per permettere al lettore di sperimentare di persona i sapori descritti nella storia.
      E poi, dopo descrizioni così invitanti, sarebbe molto triste rimanere a bocca asciutta! 😉
      Buona settimana!

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